di Lorenzo Acerra, autore di “Il mal di latte” Macro Edizioni, dic. 2008
C`è vita nel latte.
Ai lattobatteri sembra che tutto in questo fluido bianco sia stato predisposto per loro: blocchi di caseine che solo loro possono metabolizzare in virtù di un efficiente sistema di enzimi che solo loro hanno (sulla loro membrana esterna).
Alle caseine sembra di avere così tanti servitori.
Grazie a queste palline di grassi che le accolgono, sono rese possibili tutte le diverse fasi temporali dei processi di proteolisi esercitati dai batteri lattici.
Ma la tragedia è dietro l`angolo! Leggo su una rivista specializzata: “I batteri della riduzione enzimatica della componente peptonica [proteica] del latte sopravvivono solo in minima parte alla pastorizzazione, mentre non sopravvivono alla ultra-pastorizzazione”. “Per questo”, continua l`autore, “solo nel latte crudo abbiamo il fenomeno della digestione delle proteine del latte. Questo pericolo [sic, ndA] proveniente dai batteri peptonizzanti [pericolo per la vita sullo scaffale del prodotto] è assente per il latte ultra-pastorizzato, ed è molto ridotto nel latte pastorizzato rispetto a quello che è nel latte crudo”.
Questa è nell`intendimento dell`autore una felice (desiderabile) conclusione della faccenda, quasi sia di poca importanza il fatto che non si può chiedere che le proteine vengano smantellate in aminoacidi semplici quando la componente vitale è stata sterminata dal trattamento termico. Non si può chiedere inoltre che le proteine vengano smantellate in aminoacidi semplici se l`ingestione di latte non raggiunge l`altro suo obiettivo, cioè quello di creare con le sue componenti vitali una colonizzazione dell`intestino che favorisce lo smantellamento ulteriore delle componenti del latte stesso.
Da qui un possibile ragionamento, cioè che il latte è un alimento ideale solo per il neonato, in quanto il suo consumo produce la comparsa sulle pareti intestinali della rennina solo per i primi due anni di vita.
Neanche la vita dei batteri che devono sciogliere i blocchi proteici è rimasta quella idilliaca di una volta. Ora che arriva latte di mucca invece che latte materno, ci si trova davanti a caseine beta invece che caseine alfa, e per di più le quantità di caseina nel latte bovino sono 80 volte superiori a quelle del latte umano. Per cui nel neonato il latte di mucca coagula a fiocchi molto grossi, mentre con il latte materno c’è formazione solo di piccoli fiocchi.
Il latte che trovate sullo scaffale è stato pastorizzato e omogeneizzato. Se non fosse omogeneizzato, si avrebbe nel tempo una parziale raggrumazione della componente grassa del latte. Cioè il prodotto presto diventa invendibile. L`omogeneizzazione in questo senso raddoppia il periodo di tempo in cui il latte può essere conservato sullo scaffale.
Si è parlato troppo poco dei globuli di grassi nel latte (che appunto distruggiamo con la omogeneizzazione). In pratica le molecole dei grassi del latte si pongono una accanto all`altra come dei petali e formano delle sfere.
Togliere la struttura globulare ai grassi del latte è come togliere lo stomaco ad una persona che mangia. Come può essere che la digestione ideale non venga improvvisamente deteriorata? Kapfelsperger e Pollman (Copenaghen, 1983) hanno mostrato che l´allergenicità del latte aumenta di 20 volte quando il latte crudo è omogeneizzato. Lo stesso hanno dimostrato gli studi Oster e Ross [1974].
Soffrono i lattobatteri (sterminati), soffrono le caseine (denaturate dal calore e rimaste senza servitori), ma soffre anche il luogo che il latte materno doveva andare a preparare, l`intestino. L’aumento della permeabilità intestinale come conseguenza del consumo dei prodotti caseari è presto detto. Quei ricercatori che hanno bisogno di “produrre” animali di laboratorio affetti da permeabilità intestinale usano a tale scopo l’alimentazione a base di latte commerciale.
Theodorou [1994] e Meddings [1999] dimostrano come un`alimentazione con determinati volumi di caseina (in aggiunta alla dieta standard) produca corrispondenti livelli, definiti nella loro ricerca, di permeabilità intestinale alterata. Tanto più insistito è stato il trattamento termico subito dal latte bovino, tanto peggiori sono le modificazioni subite (la denaturazione della caseina), e tanto peggiori in termini di permeabilità intestinale i risultati che si ottengono aggiungendo all`alimentazione questa caseina denaturata.
È vero, l`organismo si abitua anche a questo, ma a che prezzo? Un meccanico sa che un motore “si abitua” anche se viene usato un carburante pessimo, ma inevitabilmente si deteriora più che se fosse stato usato un carburante ideale.
Qualcosa succede anche alla componente del latte che produce una stimolazione ormonale. A volte pollai e stalle convivono e i galli trovano accesso al secchio del latte crudo. Ford [1969] ha riservato però latte pastorizzato ad un gruppo di galli e ha visto che proprio questi (e non quelli alimentati con latte crudo) mostravano ghiandole sessuali maschili (testicoli) piccole e deformate. Inoltre quando il latte pastorizzato veniva eliminato dalla dieta, questi stessi galli con problemi avevano migliorate capacità di prestazioni sessuali.
Il consumo del latte di mucca pastorizzato produce una sovrastimolazione del sistema ghiandolare. Dopo un certo periodo in cui queste ghiandole sono state avviate ad una corsa “folle”, sopraggiunge l'esaurimento che le rende ipoattive.
Nella prima fase, “la corsa folle”, c`è una stimolazione indesiderata (una crescita accelerata ma immatura dei tessuti). Il consumo di latte di mucca ha l’effetto di dilatare la consistenza di tutti gli organi; questi si formano velocemente e male. Trèmolière [1982] ha dimostrato che i reni di un bambino nutrito con latte vaccino sono un terzo più grossi degli stessi organi appartenenti ad un bambino nutrito con latte umano.
La correlazione tra resistenza insulinica e latte commerciale (che ora io vado un po` a pubblicizzare) è probabilmente un argomento nuovo non solo per voi lettori, ma anche per la maggior parte degli addetti ai lavori nel campo della salute. La “resistenza insulinica” consiste in un calo di efficacia del sistema che assicura una normale funzione di gestione del glucosio nel sangue, cioè il sistema dei recettori insulinici.
I fattori coinvolti nella resistenza insulinica ovviamente sono tanti, scrive Lawlor nel 2005, e proprio per questo stupisce la netta correlazione della resistenza insulinica con il consumo di latte commerciale: «Si tratta di uno studio epidemiologico su 4024 donne inglesi di età compresa tra 60 e 79 anni. Il rischio relativo di resistenza insulinica era 0.33 per coloro che non consumavano latte e 0.94 per coloro che ne consumavano, cioè triplicava» [Lawlor 2005(a)]. «Secondo la nostra osservazione l’astensione dal latte in questi pazienti comporta una riduzione dell’incidenza di resistenza insulinica» [Lawlor 2005(b)].
Hoppe (2004): La resistenza insulinica raddoppiava in 24 ragazzi di 8 anni, monitorati durante una settimana di consumo di latte, rispetto ad un gruppo di controllo nutriti senza latte.
Il ricercatore neozelandese Keith Woodford è riuscito a dimostrare che il sovraccarico da peptidi oppioidi del latte (cioè la proteina del latte pastorizzato che abbiamo visto non viene smantellata) causano la “resistenza insulinica”.
Il sistema di veicolazione cellulare del calcio anch`esso diventa vittima del trattamento termico subìto dal latte. L’enzima fosfatasi è essenziale per l’assorbimento di calcio. La pastorizzazione ne distrugge completamente il contenuto. Un esempio è che la sostituzione del latte crudo con quello pastorizzato, inserito ciò in un contesto di alimentazione base che per topi produce in media 5.6 carie, fa aumentare il numero di carie per topo a 9.4 [Steinman 1963]. La presenza di ”vita” che abbiamo nel latte quando è crudo è indispensabile per l`equilibrio dei fosfopeptidi che devono recapitare il calcio all`organismo.
Un’interessante valutazione clinica ci viene da Francis Pottenger: «I raggi X di bimbi alimentati sin da piccoli con latte termicamente processato mostravano ossa meno dense e compatte, anomali depositi minerali, struttura toracica ridimensionata e arcate dentali meno sviluppate».
Ho appreso recentemente che le associazioni sportive nazionali in Russia non accettano di iniziare alla preparazione a livello competitivo quegli individui che da neonati hanno ricevuto preparazioni di latte commerciale invece che essere allattati al seno!
Che dire ancora. Scambiando l`allattamento al seno per il latte commerciale e relative preparazioni neonatali otteniamo un cibo mediocre invece di uno che era ideale.
Il dott. Ron Schmid, insieme ad un coro di voci dei suoi colleghi della Weston Price Foundation, fa notare: «Infezioni frequenti, problemi cutanei, sintomi a carico dell`apparato respiratorio, disturbi del sonno, dolori musco-scheletrici sono solo alcuni dei problemi pediatrici che vengono alleviati sistematicamente quando si va ad eliminare il latte commerciale dall`alimentazione. Nella mia pratica medica ho visto che non c`è un singolo problema che occorre in neonati e bambini che non vada a migliorare quando si eliminano tutti i prodotti caseari».
Lorenzo Acerra, autore di: “Il mal di latte”
Macro Edizioni, dic. 2008
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