La meditazione non è solo un preziosissimo strumento nel tuo percorso di miglioramento personale, nel tuo cammino verso felicità e saggezza.Secondo un recente studio, di cui ha dato notizia anche il Corriere della sera, la meditazione ha un effetto curativo importante anche su gravi patologie cardiovascolari.
Il dottor Robert Schneider, della Maharishi University of Management di Fairfield, nello Iowa (USA), ha condotto uno studio sull’utilizzo della meditazione nella cura delle malattie cardiovascolari.Gli interessantissimi risultati sono stati presentati durante il suo intervento alle ultime Scientific Sessions dell’American Heart Association di Orlando, che si sono tenute nel novembre scorso. Lo studio è durato 5 anni ed è stato condotto su più di 220 malati con problemi cardiologici documentati: tutti avevano un ridotto afflusso di sangue al cuore. A tutti i pazienti sono state somministrate le cure di tipo farmacologico tipiche di questi casi. Inoltre, sono stati sottoposti ad un programma di rieducazione alimentare e comportamentale che aveva come scopo quello di insegnare loro le regole di un sano stile di vita. Infine, a metà dei pazienti sono state anche insegnate delle tecniche di meditazione e sono stati istruiti a praticarle ogni giorno per 15-20 minuti. I risultati dello studio sono rivoluzionari: la meditazione si è rivelata più efficace di qualsiasi altro farmaco! Le statine (i farmaci che riducono i tassi di colesterolo e abbassano il rischio di attacchi cardiaci e ictus) hanno un’efficacia del 30-40%, i farmaci antipertensivi del 25-30 %, mentre la meditazione è arrivata a poco meno del 50%, peraltro, va ricordato, con una pratica giornaliera ridotta. Sarebbe interessante approfondire i risultati in seguito ad una pratica maggiore. In ogni caso, si tratta già di risultati eccezionali. Diversi studi e ricerche avevano già dimostrato l’efficacia della meditazione per il controllo del dolore, per combattere la depressione e in pazienti giovani si era già dimostrata efficace per combattere l’ipertensione e lo stress. Questa è però la prima volta che uno studio dimostra ufficialmente l’efficacia della meditazione in casi di malattie gravi. Secondo i risultati raccolti dal dottor Schneider assieme a Theodore Kotchen, endocrinologo del Medical College of Wisconsin di Milwaukee, la meditazione è efficace anche in casi di individui ad alto rischio di patologie cardiologiche, in cui la posta in gioco è altissima: attacchi cardiaci, ictus e morte.Ovviamente, per chi pratica regolarmente la meditazione, questa notizia non è una sorpresa, ma piuttosto la conferma delle proprie esperienze. È molto positivo, però, il fatto che ci siano sempre più medici interessati a studiare scientificamente gli effetti della meditazione sulla salute e nella cura di patologie specifiche. Non solo perché evidentemente gli ottimi effetti della pratica sono visibili a occhio nudo, ma anche perché evidentemente qualcuno è davvero alla ricerca di altri metodi di cura.
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Meditare fa bene al cuore e alle arterie
Un quarto d’ora e chi soffre di malattia delle coronarie può quasi dimezzare il rischio di infarto
MILANO - Dedicare ogni giorno un po’ di tempo all’introspezione vale tanto quanto prendere una medicina. «Tanto per fare un confronto» ha detto Robert Schneider, della Maharishi University of Management di Fairfield, in Iowa alle Scientific Sessions dell’American Heart Association di Orlando, «le statine, riducendo i tassi di colesterolo, abbassano il rischio di attacchi cardiaci e ictus del 30-40 per cento e i farmaci antipertensivi lo fanno calare del 25-30 per cento. Ma la meditazione trascendentale, nel nostro studio, ha quasi dimezzato la probabilità di andare incontro a uno di questi gravi eventi»
LO STUDIO - Finché si parlava di controllo del dolore, depressione, qualità di vita e così via era facile credere ai vantaggi della meditazione trascendentale, ma nello studio in questione è difficile invocare l’effetto placebo: i numeri parlano di vita o di morte. Schneider e i suoi colleghi hanno reclutato più di 200 malati afroamericani che avevano un ridotto afflusso di sangue al cuore documentato con una coronarografia. Tutti hanno ricevuto le cure mediche che di solito si danno in questi casi e sono stati sottoposti a un programma di educazione a stili di vita più salutari, ma alla metà dei partecipanti è stato insegnato anche a effettuare ogni giorno da 15 a 20 minuti di meditazione trascendentale. La pratica, inventata da un guru indiano di nome Maharishi Mahesh Yogi, si è diffusa in Occidente soprattutto dopo essere stata adottata con entusiasmo dai Beatles negli anni sessanta; richiede di concentrarsi sulla ripetizione di un mantra, il più noto dei quali, tra i non iniziati, è il famoso Om, secondo la religione induista il suono primordiale che ha dato origine alla creazione, manifestazione stessa di questo suono.
I RISULTATI- Era già stato dimostrato che questa pratica riduce la pressione arteriosa e lo stress in persone giovani e sane, ma Schneider, insieme con Theodore Kotchen, endocrinologo del Medical College of Wisconsin di Milwaukee, ne ha verificato gli effetti benefici in individui ad alto rischio di malattie di cuore e vasi e su ciò che poi alla fine conta di più, non tanto i valori della pressione, quanto il rischio di incappare in eventi che mettono a rischio la vita. «Nei cinque anni di durata dello studio» dice l’esperto di medicina preventiva, «chi si atteneva al suo quarto d’ora quotidiano di meditazione ha avuto il 47 per cento in meno di attacchi cardiaci, ictus e morte rispetto agli altri». L’effetto, anche qui, è stato comunque mediato principalmente dall’azione sulla massima, ridotta in media di 5 millimetri di mercurio.
IL COMMENTO - «La progressione lenta e subdola della malattia ostruttiva delle coronarie e i fenomeni che scatenano l’infarto cardiaco sono talmente complessi che è riduttivo pensare di risolvere il problema solo con i farmaci o con interventi che dilatano le coronarie là dove sono maggiormente ristrette» commenta Marco Bobbio, primario di cardiologia presso l’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo. «Ben vengano quindi ricerche nella quali si verifica se intervenire su altri aspetti della vita può ridurre il rischio». Purtroppo non sono ancora stati pubblicati tutti i dettagli della ricerca: «Dal testo finora reso pubblico non si può capire quante persone abbiano davvero avuto la costanza di seguire il programma di meditazione trascendentale, quanti eventi siano stati prevenuti, quale sia stata l’interferenza dei farmaci» prosegue il cardiologo piemontese: «per esempio sarebbe interessante sapere se i pazienti che si sottoponevano a questa pratica assumevano con più o meno scrupolo degli altri le terapie prescritte». Sarebbe interessante anche capire se lo yoga, il training autogeno, la preghiera o anche solo gratificanti attività ricreative possano ridurre le probabilità di infarto e se ciò vale per tutti o solo per chi è già colpito da una malattia delle coronarie. «Questi dati comunque ci permettono di sperare che una vita più lunga e migliore non debba passare solo attraverso l’assunzione di medicine e la dilatazione delle arterie con l’angioplastica» conclude Bobbio.
Roberta Villa
09 febbraio 2010(ultima modifica: 10 febbraio 2010)
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