lunedì 16 giugno 2008

LA MUSICA E IL CUORE - GIOVANNI ALLEVI

Perchè Allevi piace così tanto ai giovani?
Secondo me perchè sa suscitare sensazioni nuove, tocca il cuore, è come se ti risvegliassi da un torpore e ti sentissi scuotere.
Perchè lui e la musica sono la stessa cosa, è immerso, identico dentro e fuori. L'ha addomesticata !
I giovani vogliono la verita e lui è sincero, e la musica si fa addomesticare solo da chi è vero e da chi la ama profondamente.

... è stato ricoverato per un "attacco di gioia" ....


Giovanni Allevi, compositore e pianista, rielabora la tradizione classica europea aprendola alle nuove tendenze pop e contemporanee. La sua crescita artistica inarrestabile , al di là delle ristrette categorie musicali, lo porterà ad esibirsi nel 2005 sul palco del tempio mondiale del Jazz: il Blue Note di New York, dove registra due strepitosi sold-out.
La critica nazionale ed internazionale lo definiscono "il genio italiano del pianoforte", "il Mozart del 2000", decretando Giovanni Allevi portavoce nel mondo della nuova creatività musicale italiana. Qui un suo scritto .


6 marzo 2005

Già dall'aereo ho cominciato a sognare. La professione, la passione per la musica hanno scatenato in me la convizione che nella vita nulla sia scontato. Questo viaggio verso New York ha dell'incredibile anche nelle cose che mi circondano, come l'oggetto enorme che si libra nell'aria a 10 mila metri e che silenzioso mi sta portando verso il palco del Blue Note, come l'ottimo vino spumante che l'Alitalia mi ha servito.

Ho preso anche l'abitudine di ringraziare Dio per tutte le cose belle che mi vengono incontro: la stupenda forma delle nuvole viste da sopra, le persone che mi vogliono bene e quelle che in America hanno deciso di darmi l'Opportunità.

Ora sono nel camerino, nel Blue Note: piccolo, stile anni settanta. Qui dove sono io, hanno atteso nervosamente Miles Davis, la Fitzgerald, Ellington, e i moderni. Nel camerino siamo utti uguali, seri e in silenzio, sospesi nel tempo, pronti a fare il salto nel buio. Mi guardo allo specchio, sono un capellone, coperto di maglioni e guanti di lana, anche se non fa freddo. C'è anche la mia immancabile fetta di torta al cioccolato che chiedo sempre prima dei concerti.

Penso e mi dico, per farmi coraggio, che sono un cavaliere Jedi, un temerario: il pianoforte solo, nel mondo del jazz, fa paura.
Devi veramente avere qualcosa da dire, da gridare, da sbriciolare con funambolica follia , altrimenti qui ti uccidono.
Il fatto è che io devo farli secchi tutti.

Mi dico sorridendo, che non ho fatto 9000 chilometri per sollazzarli , ma voglio stregarli, perchè dalla mia ho nelle dita Listz, Chopin, Ravel, Rachmaninov, cioè una storia pianistica europea che gli americani non posseggono. Voglio prenderli allo stomaco, alla pancia, sulla pelle... suonare talmente piano da costringerli a trattenere il fiato ,e poi voglio essere totalmente me stesso , libero di volare su quei tasti senza pensare di ricevere niente in cambio, nè un applauso, nè il consenso.

Si sono stupiti che non abbia portato con me dei CD da vendere. Io vendere? No , non me la sono sentita. E' il concerto più importante della mia vita, è per me un evento unico, irripetibile di poesia e di sogno : voglio che la gente vada via di qui solo con il ricordo del concerto. Non è questo il momento di vendere, ma di darsi totalmente , con tutta la passione, di accarezzare i tasti del pianoforte e attraverso quelli , accarezzare l'anima di chi mi ascolta, entrare nel suo cuore, nel suo respiro.

Ora sono davanti al pianoforte. E' il mio amico, lo riconosco, ma mi pone sempre una sfida, mi chiede sempre il massimo dell'onestà, della trasparenza, della forza.

Cerco la parfezione. Il segreto sta nell'intenzione con cui si suonano le note, e nella pulsazione ritmica che le ordina: questi 2 elementi riescono a scuotere l'anima. Ho un cerotto sul polpastrello medio della sinsitra che ancora mi fa male, ma sono talmente concentrato che non sento niente.
Le dita vanno veloci, il cuore batte, sono piegato in avanti e i miei lunghi riccioli quasi toccano la tastiera.


Chiudo gli occhi. C'è il buio : il tatto e l'emozione diventano predominanti. Non penso. Se pensi sei fregato perchè diventi spettatore esterno della musica , una macchina. Certe volte quando ho paura, sono costretto a farlo, per mantenere il controllo , ma subito torno nel buio calmo del non pensare: è come accoccolarsi sotto una coperta.

L'ultima nota dopo un'ora e mezza è uscita insieme a una lacrima: avevo compiuto la mia impresa, vera per me, storica, sempre e solo per me, forse, spero anche per gli altri ascoltatori. Commosso e fiero , perchè ancora una volta, venti anni di studi di sacrifici, di sudore e calli sulle dita, di esami, hanno potuto esprimersi.

Mi hanno detto che hanno respirato con me, che addirittura seguivano il movimento ondeggiante e lento della mia scheina, mi hanno detto che ho una bella schiena, flessibile. Molti hanno lasciato l'hamburger freddo sul piatto. Mi hanno amato, i sognatori , che si cullavano nel mare di musica con gli occhi chiusi e le mani strette sulle guance, mi hanno amato, cercato, fotografato, mi hanno lasciato pensieri d'amore, di emozione, di entusiasmo.
Ma io non mi sono accorto di nulla, preso dal senso di colpa per i miei limiti, e la paura di non aver fatto tutto alla perfezione...va bene così.

Evviva il sogno, evviva la passione che ti porta lontano, evviva la vita, questa dono immenso: basta rompere un pò le regole, abbandonarsi al suo stupefacente fluire. Evviva l'amore con le sue delusioni con la sua ebbrezza, tutto nelle mie dita sul piano.

Grazie Dio, per aver consentito al timido pianista italiano di sfidare, solo col pianoforte , il Blue Note di new York, una luminosa domenica di marzo.

http://www.giovanniallevi.it/sito/scritti.html

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